mercoledì 4 gennaio 2012

Decolté sul pavimento.

Più bella di quando stava con me, molto più bella di quando l'ho conosciuta. Posso dire con certezza di averla vista fiorire, di aver scorto la miglior luce della sua pelle quando ci stavamo lasciando. Non mi tradiva, ma era così sicura di sè da non farsene una malattia. Serena, intoccabile nella sua fedeltà. Maledettamente intoccabile. Guardala ora al suo tavolino, le gambe e le braccia come sempre al posto giusto, la mano destra che regge, senza sentirle il peso, quel viso così lineare. Quelle mani così sicure, non un tremore nei suoi gesti, ogni brivido era controllato. Una prevedibilità di cui mi innamorai. Lui chi è. Chiunque sia è più bello di me, beve birra chiara e non sembra neanche particolarmente dedito a vizi. Con quei denti bianchi e quelle gengive in vista da capra. Lei quelle scarpe le aveva prese con me, da Mauro Leone a Torino, in un pomeriggio caldissimo e con un Big Mac sullo stomaco. Io che facevo il cavaliere e le porgevo una scarpa dopo l'altra, e mi divertivo come un matto a riconoscere in lei un inconsueto momento di indecisione. La vernice lilla, intonsa, ora sfrega i jeans scuri di quel tipo, il fiocco di cuoio si piega al suo attrito. -Ridammele-, vorrei urlarle addosso, mentre me le rivedo buttate sul pavimento, nella passione che lei controllava benissimo. Ma non posso pretendere, non posso rimproverare. Se solo mi avesse tradito.